di Marco Lodesani – Istituto Nazionale di Apicoltura
L’azienda che trasforma cera si trova spesso al centro della problematica dei residui, dovendo far fronte al conferimento di partite eterogenee per quantità e livelli di inquinamento chimico. La natura lipofila delle molecole più utilizzate nella lotta alla varroasi e la loro stabilità nel corso delle operazioni di estrazione, purificazione e lavorazione per l’ottenimento dei fogli cerei, oltre all’estrema variabilità dei livelli residuali nei singoli lotti di cera conferiti alla trasformazione, contribuisce a rendere la lavorazione della cera una fase particolarmente delicata dell’attività apistica.
Lavorazione cumulativa di partite di cera diverse
In molti casi gli apicoltori, soprattutto coloro che pensano di avere cera “pulita”, richiedono espressamente una lavorazione separata del loro materiale. Le dimensioni medie delle caldaie non permettono però di lavorare singolarmente piccole quantità di cera (in genere il quantitativo minimo è il quintale) e diventa quindi economicamente d’obbligo introdurre in caldaia più lotti di cera di diversa provenienza sino al riempimento della stessa.
La conseguenza di ciò è il livellamento della concentrazione residuale degli inquinanti nei fogli cerei ottenuti. Caldaie di grosse dimensioni (3-5 q) possono contenere piccoli lotti provenienti da più operatori: è sufficiente che uno o pochi di questi apportino materiale fortemente inquinato per ottenere fogli cerei di pessima qualità. In questo caso, le buone pratiche apistiche (trattamenti con acidi organici o sostanze a basso impatto residuale, lotta biomeccanica, formazione di sciami, ecc.), intraprese dal fornitore di cera grezza relativamente “pulita”, si vedrebbero vanificate, ottenendo in cambio dei fogli cerei con un contenuto residuale maggiore rispetto a quello della cera prodotta e conferita alla trasformazione. Anche il residuo di cera della lavorazione precedente può influire notevolmente sul livello residuale di quella successiva. Nonostante tutte le accortezze per pulire la caldaia, infatti, i primi fogli cerei che escono dai rulli risentono del livello residuale della lavorazione precedente. E’ necessario ribadire l’importanza del completo svuotamento di tutto il tratto dell’impianto (caldaia, tramoggia, pompe, tubazioni ecc.) dal residuo della lavorazione precedente, soprattutto quando si passa da una lavorazione di cera tradizionale ad una biologica. Il lavaggio della caldaia con soda calda, che taluni praticano per eliminare i residui di cera tra una lavorazione e l’altra, non elimina completamente il problema dei residui, in quanto l’auspicato processo di saponificazione non avviene che dopo alcune ore di bollitura della massa.
Analisi dei residui
Di questi tempi le considerazioni di cui sopra assumono una particolare rilevanza in quanto molti operatori stanno scegliendo, per motivi etici od economici, di convertirsi alla produzione biologica. Quest’ultima consente, come deroga, l’utilizzo di cera tradizionale da opercolo, previo accertamento analitico della sua idoneità, nel caso in cui risulti impossibile l’approvvigionamento di cera biologica.
Per evitare spiacevoli sorprese sia all’apicoltore che al trasformatore, si rende quindi necessario un preventivo accertamento dell’idoneità della cera grezza, prelevando piccole aliquote da alcuni dei pani di cera che compongono il singolo lotto (spesso il lotto identifica l’intera partita di ogni apicoltore, ma nel caso di grosse aziende, dove la fusione della cera in pani è avvenuta in tempi, modi, smelature e apiari diversi, è auspicabile una differenziazione dei lotti). I frammenti così prelevati costituiranno un singolo campione che verrà sottoposto ad analisi. Questa procedura, in parte a carico dell’O.d.C. e in parte a carico dell’apicoltore conferitore (sia per il campionamento, sia per i costi dell’analisi), consentirebbe di:
a) portare in caldaia lotti omogenei dal punto di vista residuale;
b) prevenire possibili contestazioni da parte di chi pretende i fogli cerei dalla propria cera;
c) monitorare la qualità del prodotto in entrata e in uscita dall’azienda, suddividendo i lotti per lavorazioni separate (biologico e convenzionale);
d) evitare l’analisi dei residui sui fogli cerei ottenuti, in quanto calcolabile dalla semplice media ponderata della cera introdotta in caldaia.
Regime di controllo per le aziende che trasformano e vendono cera biologica
Per la produzione e la vendita di fogli cerei destinati al mercato dell’apicoltura biologica, l’azienda deve essere assoggettata al regime di controllo. La lavorazione per conto terzi, invece, anche nel caso di cera di opercolo, fornita dall’apicoltore per la conversione del proprio allevamento alla produzione biologica, non necessita di particolari autorizzazioni. In questo caso sarà l’O.d.C. a richiedere il controllo analitico sulla cera per valutarne l’opportunità di trasformazione in fogli cerei, in funzione del livello di residui che, per le considerazioni precedentemente esposte, potranno essere presenti in quantità diverse nella cera grezza analizzata rispetto al prodotto finito.
Considerati gli sforzi necessari per produrre o approvvigionarsi di cera con la minima residualità possibile di acaricidi, sarà convenienza dell’apicoltore assicurarsi che il proprio lotto di cera venga lavorato insieme con quelli di altri che abbiano le stesse esigenze. Prescindendo da considerazioni riguardanti la professionalità ed il mercato, le maggiori garanzie di ottenere un prodotto conforme allo standard dell’apicoltura biologica si dovrebbero ottenere da chi ha sottoposto la filiera produttiva al regime di controllo e da chi, in proporzione, lavora, per conto terzi o per la vendita, una maggiore quantità di cera biologica.
Il principio della separazione spazio-temporale tra le diverse partite di cera, convenzionali e biologiche, così come richiesto dal DM 4 agosto 2000, è ragionevolmente applicabile solo ad impianti di grosse dimensioni ove sia possibile dedicare una linea di produzione al prodotto biologico. Per consentire anche alle aziende di dimensioni più ridotte di lavorare cera biologica, potrebbe essere sufficiente la sola separazione temporale, dedicando cioè uno o più giorni della settimana all’esclusiva lavorazione di cera biologica o comunque di cera di opercolo proveniente da apicoltori in fase di conversione dell’allevamento, previo accertamento dell’idoneità dei lotti secondo le modalità precedentemente descritte. Ad esempio, dedicando alla lavorazione di cera biologica il primo giorno della settimana, si potrebbe pulire la caldaia a freddo, consentendo così una rimozione più accurata del materiale residuato dalle lavorazioni precedenti. In ogni caso è indispensabile la tracciabilità dell’intera filiera, dall’arrivo dei lotti di cera grezza fino al confezionamento dei pacchi di fogli cerei.
Livelli di residualità accettabili
L’abbassamento della soglia di rivelabilità delle strumentazioni analitiche consente di evidenziare livelli di residui in passato non rilevati. In base ad una statistica interna all’Istituto Nazionale di Apicoltura (tab.1), effettuata su alcune decine di campioni di cera di opercolo appartenenti in parte ad apicoltori che già utilizzano il metodo biologico e in parte ad operatori in fase di conversione, si ritiene plausibile, in questa prima fase in cui l’offerta di cera biologica non soddisfa che in minima parte la richiesta, ai fini di consentire l’utilizzo della cera convenzionale per la sostituzione della cera del nido, definire, in via transitoria, una soglia residuale massima di cumafos di 200 ppb, in quanto il decreto di riferimento non definisce limiti. Tale limite consentirebbe alla maggior parte di coloro che già da alcuni anni hanno sospeso il trattamento con Perizin e che hanno prodotto i fogli cerei prevalentemente dalla trasformazione della propria cera, di entrare nel circuito del biologico. Per coloro che invece hanno condotto la lotta alla varroa utilizzando Asuntol, il tempo di sospensione dovrà essere maggiore, data l’elevata residualità del principio attivo dovuta alla modalità di somministrazione e al tipo di coformulanti di questa specialità veterinaria non autorizzata per uso apistico (tab.2).
Pur essendo il cumafos il principio attivo più utilizzato, e il più persistente nel caso della somministrazione di Asuntol, occorre considerare che l’uso di determinate sostanze acaricide invece di altre può derivare anche da scelte locali. In alcune regioni potranno quindi prevalere i residui di altre sostanze attive di sintesi1 . A causa della mescolanza di diverse partite di cera grezza di varia provenienza e quindi diversa composizione residuale in principi acaricidi, al fine dell’accertamento dell’idoneità al biologico occorre comunque ricercare più principi attivi per i quali si può prevedere, sempre in via transitoria, una soglia massima residuale di 200ppb per il cumafos, come si è detto, e di 100 ppb per il fluvalinate. Tali limiti potrebbero essere applicabili sia alla cera di opercolo convenzionale, per la valutazione dell’idoneità all’ottenimento di fogli cerei per la conversione dell’allevamento, sia per il campionamento di cera dai favi del nido, alla fine del periodo di conversione. Terminato tale periodo, per l’ottenimento di fogli cerei da nido e da melario, l’apicoltore biologico dovrebbe utilizzare prevalentemente la propria cera ricavata dall’opercolo dei favi da melario, successivamente trasformata da una azienda assoggettata al regime di controllo; per tali ragioni non dovrebbero più sussistere limiti tollerabili.
E’ ovvio che tali limiti potranno essere previsti soltanto per la cera tradizionale destinata all’ottenimento di fogli cerei da utilizzare per la conversione e non per quelli già certificati da apicoltura biologica, che debbono essere esenti. Nei casi in cui i trattamenti con acaricidi di sintesi siano stati sospesi già molti anni prima della richiesta di convertire l’allevamento e, quindi, l’analisi della cera del nido riveli dei livelli residuali inferiori a quelli precedentemente citati, ancora prima della prevista sostituzione dei favi del nido, si potrebbe ragionevolmente applicare una deroga, limitando ad un anno il periodo di attesa per entrare nel circuito biologico, evitando così il ricambio dei favi. L’Istituto effettuerà un costante monitoraggio della cera destinata alla trasformazione, proveniente sia da apicoltori in via di conversione sia da operatori che già adottano il metodo di produzione biologico al fine di valutare, anno per anno, insieme agli O.d.C. impegnati in tal senso, l’opportunità di modificare i limiti proposti in via transitoria.
In conclusione, viste le problematiche sopraccennate, sarebbe auspicabile una drastica riduzione nell’uso di acaricidi sintetici e lipofili nella lotta alla varroasi, a favore degli acidi organici e degli oli essenziali. Tale scelta, obbligata per chi segue i disciplinari di produzione biologica, è di convenienza per tutto il settore apistico e costituisce un’opportunità di valorizzare il prodotto garantendone la sicurezza igienica e promuovendone i requisiti di genuinità.
Tabella 1
Residui di coumaphos e di fluvalinate (in ppb) in campioni (scaglie di cera grezza o fogli cerei) appartenenti ad apicoltori biologici o in via di conversione in controllo con altri campioni di provenienza varia pervenuti all’analisi (tra i campioni di cera grezza ed i fogli cerei non c’è alcuna corrispondenza, in quanto trattasi d campioni pervenuti da apicoltori o azienda di trasformazione diverse). Da notare la differenza di residui fra la cera grezza e i fogli cerei, soprattutto nei campioni di cera tradizionale.
.
|
RESIDUI DI COUMAPHOS (ppb)
|
RESIDUI DI FLUVALINATE (ppb)
|
||||||
Da apicoltori biologici o in conversione o da cererie
|
Da apicoltori tradizionali o da cererie
|
Da apicoltori biologici o in conversione o da cererie
|
Da apicoltori tradizionali o da cererie
|
|||||
Fogli cerei
|
Cera grezza
|
Fogli cerei
|
Cera grezza
|
Fogli cerei
|
Cera grezza
|
Fogli cerei
|
Cera grezza
|
|
N
|
8
|
16
|
17
|
14
|
7
|
16
|
17
|
14
|
Media
|
158
|
102
|
6591
|
1414
|
57
|
40
|
884
|
584
|
Ds
|
171,0
|
76,4
|
7890
|
1519
|
59,8
|
63,8
|
1305
|
657
|
Min/Max
|
19/493
|
14/270
|
217/23200
|
130/4300
|
0/151
|
0/235
|
33/4280
|
29/1940
|
Tabella 2
Livelli di cumafos (in ppb) nella cera prelevata da colonie trattate rispettivamente con Pirizin e Asuntol
TRATTAMENTO CON PIRIZIN
|
TRATTAMENTO CON ASUNTOL
|
|||
Favi da nido
|
Favi da melario
|
Favi da nido
|
Favi da melario
|
|
N
|
18
|
18
|
20
|
20
|
Media
|
247
|
86
|
4461
|
2888
|
Ds
|
218
|
31
|
2064
|
1176
|
Min/Max
|
40/785
|
33/135
|
1606/10506
|
1210/5717
|
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