L’idromele è una bevanda alcoolica ricavata dalla fermentazione di acqua e miele. L’uomo primitivo può avere facilmente scoperto che una miscela di miele e acqua, lasciata in un ambiente tiepido, poteva fermentare e diventare una bevanda capace di indurre stati alterati di coscienza o di dare la sensazione di poteri magici.
Nei testi classici greci e romani, accanto all’idromele (o acqua mulsa) compaiono l’ ossimele (miele e aceto, una bevanda rinfrescante di sapore agrodolce, molto usata come condimento), e il vino mulso (vino mescolato con miele), di cui spesso vengono enumerati i benefici per la salute (per esempio Plinio, primo secolo dopo Cristo, nel suo Naturalis Historiae).
Per immergersi nell’atmosfera che l’idromele può evocare, abbiamo scelto le parole di Padre Adam, monaco benedettino e apicoltore all’Abbazia di Buckast, nel Sud-Ovest dell’Inghilterra, creatore di un popolare ed efficace ibrido di ape che prende il nome dall’abbazia:
Per molti anni stazionò nella Piana di Salisbury un capanno da pastore su ruote, in mezzo a cespugli di ginestrone, e circondato da alveari: difficilmente un passante avrebbe notato gli alveari in mezzo ai cespugli, e forse nemmeno il capanno, se a volte la tempesta non avesse spinto vortici di fumo attraverso il sentiero, catturando la sua attenzione.
Ci piacerebbe il sapore dell’idromele fatto secondo antiche ricette romane o celtiche? Sicuramente no. Gli stessi vini degli antichi romani venivano descritti, per esempio dai poeti Orazio e Marziale, come poco gradevoli. Infatti si usava mescolarli con acqua e ammorbidirne il sapore con miele, e, come scrive Marco Accorti, “per avere un vino meno imbevibile bisognerà arrivare a Pasteur”. In effetti l’idromele moderno prende a prestito le tecniche produttive dalla vinificazione eliminando i lieviti indigeni dal sapore sgradevole, aggiungendo acidi e colture di lieviti da vino.
Attualmente, in Italia, non esiste ancora una normativa specifica che disciplini la produzione o il confezionamento dell’idromele. Molti tra coloro che tentano il rilancio in chiave moderna di questo prodotto stanno però lavorando a un protocollo di produzione. In altre nazioni come la Polonia, la Carinzia, la Slovenia, gli Stati Uniti e il Canada esistono tradizioni locali di idromele che derivano da antiche ricette, ma spesso si tratta di prodotti aromatizzati o mescolati a succhi di frutta e che non si propongono di sfruttare al meglio l’aroma specifico di un miele.
Attrazione o repulsione per l’alcool nel mondo: c’è una base genetica?
La storica dell’apicoltura Eva Crane, nella sua monumentale “World History of Beekeeping and Honey Hunting” suggerisce una correlazione tra le aree del mondo di maggior diffusione delle bevande alcooliche a base di miele e un aspetto della fisiologia umana suscettibile di variazioni genetiche: per metabolizzare l’etanolo, cioè l’alcool ottenuto dalla fermentazione degli zuccheri, occorre un enzima, l’aldeide deidrogenasi 1. In uno studio del 1989 di Geddes e Agarwal alcune popolazioni, testate, mostrano una carenza di aldeide deidrogenasi, soprattutto nell’est e sud-est asiatico asiatico, mentre questa carenza risulterebbe assente in Europa e in Africa. Proprio le zone di elezione dell’idromele.
(Paolo Faccioli)