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Idromele

Prodotti delle api

Cos’è l’idromele?
L’idromele è una bevanda alcoolica ricavata dalla fermentazione di acqua e miele.
L’uomo primitivo può avere facilmente scoperto che una miscela di miele e acqua, lasciata in un ambiente tiepido, poteva fermentare e diventare una bevanda capace di indurre stati alterati di coscienza o di dare la sensazione di poteri magici.

 

idromeleSi è cominciato a produrlo qualche migliaio d’anni prima delle birre e del vino. La coltivazione della vigna si può far risalire, più o meno, al 6000 avanti Cristo in Mesopotamia e nel Caucaso, al 3000 in Fenicia ed Egitto, al 2000 in Grecia e al 1000 avanti Cristo in Italia, Sicilia, Nord Africa. Nell’area del Mediterraneo e nelle regioni d’Europa a clima temperato  il vino divenne la bevanda principale soppiantando l’uso delle bevande a base di miele fermentato; l’idromele viene citato da alcuni autori romani antichi (Appio, I° secolo dopo Cristo, e Varrone, I° secolo avanti Cristo) come una bevanda da ricchi.
Nei testi classici greci e romani, accanto all’idromele (o acqua mulsa) compaiono l’ ossimele (miele e aceto, una bevanda rinfrescante di sapore agrodolce, molto usata come condimento), e il vino mulso (vino mescolato con miele), di cui spesso vengono enumerati i benefici per la salute (per esempio Plinio, primo secolo dopo Cristo, nel suo Naturalis Historiae).
L’idromele sparisce quasi totalmente dall’Europa mediterranea nel Medio Evo, rimanendo tuttavia nelle farmacopee come estrattivo, per rendere solubili i principi attivi delle erbe officinali; rimane in auge in tutti i paesi del Nord  e dell’Est Europeo e nell’Africa tropicale (mentre la conquista musulmana, intorno al 700, della fascia nord del continente africano, e in seguito di una vasta area a sud del Sahara, vi introdusse la proibizione dell’alcool propria di quella tradizione religiosa). Nel Nord e nell’Est Europeo si intrecciano l’uso rituale e l’uso inebriante dell’idromele, che è menzionato nel Beowulf, poema epico in inglese arcaico, databile all’VIII secolo,  nell’Edda, raccolta di poemi in antica lingua scandinava, nel Kalevala, poema composto a metà del 1800 sulla base di antichi canti popolari e poemi finlandesi. In Africa l’idromele (spesso in forma di birra) viene usato anche come tributo per i capi, ricompensa per il lavoro, segno di ospitalità o in cerimonie di iniziazione o matrimoni.frecciatornasu

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Una bevanda evocativa di atmosfere arcaichefrecciatornasu
Per immergersi nell’atmosfera che l’idromele può evocare, abbiamo scelto le parole di Padre Adam, monaco benedettino e apicoltore all’Abbazia di Buckast, nel Sud-Ovest dell’Inghilterra, creatore di un popolare ed  efficace ibrido di ape che prende il nome dall’abbazia:
 

 

“In tante notti d’inverno, una candela di cera sulla tavola e un fuoco di ciocchi nella stufa di terracotta, il vecchio apicoltore accoglieva i suoi ospiti o dava conforto alla sua anima con una coppa di idromele. Una casa semplice, ma un bere ricco; molto amichevole la chiacchierata intorno al fuoco, assai stimolante il liquore.
Per molti anni stazionò nella Piana di Salisbury un capanno da pastore su ruote, in mezzo a cespugli di ginestrone, e circondato da alveari: difficilmente un passante avrebbe notato gli alveari in mezzo ai cespugli, e forse nemmeno il capanno, se a volte la tempesta non avesse spinto vortici di fumo attraverso il sentiero, catturando la sua attenzione.
In quella capanna viveva un uomo solitario, che aveva viaggiato in terre lontane, gettando alla fine l’ancora tra le sue api nella piana di Salisbury.
Vendeva il suo miele, fabbricava le sue candele, metteva a fermentare il suo idromele. La notte, che la tormenta ululasse, che la capanna fosse scossa e tremasse, lui era felice di starsene sdraiato sul suo giaciglio, rileggendo le pagine che aveva scritto e sorseggiando l’idromele che aveva spillato dalla botticella nella piccola rimessa all’esterno. Il suo era probabilmente un lavoro di filosofia di poco valore, ma egli era un filosofo in essenza.
L’idromele riscaldava il suo cuore solitario ed era l’unica concessione a  un lusso che peraltro disdegnava. Lasciava scorrere il mondo e non era avido di eleganza e prelibatezze, per cui altri si danno tanto da fare”.
 
Sapore di antico o sapore di vecchio? cenni per la preparazione di un buon idromelefrecciatornasu
Ci piacerebbe il sapore dell’idromele fatto secondo antiche ricette romane o celtiche? Sicuramente no. Gli stessi  vini degli antichi romani venivano descritti, per esempio dai poeti Orazio e Marziale, come poco gradevoli. Infatti si usava mescolarli con acqua e ammorbidirne il sapore con miele, e, come scrive Marco Accorti, “per avere un vino meno imbevibile bisognerà arrivare a Pasteur”. In effetti  l’idromele moderno prende a prestito le tecniche produttive dalla vinificazione eliminando i lieviti indigeni dal sapore sgradevole, aggiungendo acidi e colture di lieviti da vino.
 Bisogna sbarazzarsi dell’ idea  che la produzione di questa bevanda fermentata possa basarsi sul riciclo di un miele scadente o già parzialmente in fermentazione. Il miele dev’essere anzi del migliore e bisogna verificare che il sapore specifico del miele che si intende utilizzare sia veramente adatto alla produzione di idromele. Un requisito fondamentale è l’acqua: acqua piovana, consigliava Plinio, acqua da una fonte sacra, consigliavano i Celti: dunque non acqua di rubinetto, con l’eventuale cloro o le ruggini che può contenere, ma tendenzialmente  acqua distillata o oligominerale.
Una doppia sterilizzazione, intervallata da una filtratura volta ad eliminare sostanze estranee che potrebbero impoverire il sapore, è necessaria per eliminare i lieviti indigeni o quelli penetrati dall’esterno. Degli acidi organici vengono aggiunti per favorire la fermentazione e nella botte viene aggiunta una coltura di lieviti da vino. Una prima fermentazione tumultuosa durerà alcuni giorni, mentre la fermentazione primaria avrà bisogno di un tempo che va da alcune settimane ad alcuni mesi.
Per la maturazione occorrono almeno due anni, ma più si prolunga il periodo più l’idromele migliora. Possiamo avere idromeli molto secchi, oppure liquorosi, con basso tenore alcolico, o ad altissima gradazione o anche frizzanti. Normalmente il gusto dell’idromele è esaltato da una consistente quantità di zuccheri residui e da un’elevata gradazione alcolica.
Attualmente, in Italia, non esiste ancora una normativa specifica che disciplini la produzione o il confezionamento dell’idromele. Molti tra coloro che tentano il rilancio in chiave moderna di questo prodotto stanno però lavorando a un protocollo di produzione. In altre nazioni come la Polonia, la Carinzia, la Slovenia, gli Stati Uniti e il Canada esistono tradizioni locali di idromele che derivano da antiche ricette, ma spesso si tratta di prodotti aromatizzati o mescolati a succhi di frutta e che non si propongono di sfruttare al meglio l’aroma specifico di un miele.

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Attrazione o repulsione per l’alcool nel mondo: c’è una base genetica?frecciatornasu
La storica dell’apicoltura Eva Crane, nella sua monumentale “World History of Beekeeping and Honey Hunting” suggerisce una correlazione tra le aree del mondo di maggior diffusione delle bevande alcooliche a base di miele e un aspetto della fisiologia umana suscettibile di variazioni genetiche: per metabolizzare l’etanolo, cioè l’alcool ottenuto dalla fermentazione degli zuccheri, occorre un enzima, l’aldeide deidrogenasi 1. In uno studio del 1989 di Geddes e Agarwal alcune popolazioni, testate, mostrano una carenza di aldeide deidrogenasi, soprattutto nell’est e sud-est asiatico asiatico, mentre questa carenza risulterebbe assente in Europa e in Africa. Proprio le zone di elezione dell’idromele.

(Paolo Faccioli)