Una storia antica
Documenti molto antichi presentano il miele sotto l’aspetto medicinale. Il primo conosciuto è una tavoletta sumerica trovata a Nippur, il centro sumerico nella Valle dell’Eufrate, e databile intorno al 2100-2000 avanti Cristo, dove il miele viene nominato in una miscela con sabbia di fiume macinata, acqua, olio e olio di cedro, presumibilmente per uso esterno. Sul Papiro di Ebers, databile intorno al 1550 avanti Cristo (XVIII dinastia egizia), insieme a una serie di altri rimedi di tipo magico, il miele era incorporato in molte prescrizioni: rimedi per le malattie dell’occhio, applicazioni su ferite, ascessi, ulcere o in seguito a operazioni chirurgiche come la circoncisione, persino come componente di contraccettivi.
Per le ferite, ustioni e ulcere
Questo è l’ambito di uso terapeutico del miele su cui soprattutto esiste una vasta documentazione scientifica. Dopo il trionfo degli antibiotici, nel dopoguerra, e l’illusione di aver risolto per sempre il problema delle malattie infettive, la medicina ha dovuto fare i conti coll’insorgere di resistenza agli antibiotici da parte dei microorganismi: nel nostro caso dei batteri che causano infezioni negli ospedali. Questa emergenza ha contribuito all’interesse per il miele nelle medicazioni per le ferite. Il miele agisce positivamente in varie direzioni: un enzima aggiunto dalle api per sterilizzare il nettare (in cui è alto il contenuto d’acqua) nel trasformarlo in miele, genera acqua ossigenata (di per sé un antisettico potente) e acido gluconico. Questo conferisce una notevole acidità al miele, che affretta la guarigione. Questo enzima ridiventa attivo quando il contenuto d’acqua del miele torna ad alzarsi. Le ferite guariscono più in fretta con l’applicazione di una miscela nutriente, e il miele fornisce glucosio ai cheratinociti, le cellule più diffuse nella pelle, che devono migrare sulla superficie di una ferita per riformare il tessuto della pelle. Gli antiossidanti contenuti nel miele contribuiscono inoltre a neutralizzare i radicali liberi, molecole che hanno un effetto distruttivo su componenti del tessuto ferito, e anche a inibirne la formazione. Il miele è in grado inoltre di creare un ambiente umido adatto alla guarigione, senza promuovere la proliferazione batterica: la concentrazione di fruttosio assorbe i liquidi dalla ferita pulendola. Grazie alla viscosità del miele la superficie della ferita non aderisce alla garza. Naturalmente il miele usato deve avere caratteristiche di pulizia e sterilità che lo rendono di livello medicinale. Esiste una linea di prodotti specifici per medicazione, “Medihoney”, che utilizza il miele forse più ricco di sostanze antibatteriche, quello di Manuka (albero del the). Analogamente all’uso per le ferite, il miele si è rivelato efficace nel trattamento di ulcere ai piedi di origine diabetica, ustioni e piaghe. (Vai all’ articolo più esteso)
Lassativo
Soprattutto per uso per uso pediatrico, il miele è un ottimo coadiuvante nei casi di stipsi. Il suo blando potere lassativo dipende dalla forte concentrazione di fruttosio. Questo tipo di zucchero naturale ha un’azione osmotica (osmosi è il processo per cui, se due soluzioni a differente concentrazione sono separate da una membrana semipermeabile, che permetta il passaggio della sola acqua senza il soluto, l’acqua tende a passare dalla soluzione più diluita a quella più concentrata fino a raggiungere un equilibrio). E dunque il miele nell’intestino provoca un afflusso di acqua che facilita l’evacuazione delle feci.
Per la tosse
Il miele è stato sempre considerato un rimedio popolare per la tosse. Una ricerca del Collegio Statale di Medicina della Pennsylvania pubblicata nel 2007 e in seguito ripetuta, ne ha dato, probabilmente per la prima volta, una dimostrazione scientifica. Oggetto della prova, un gruppo di bambini dai 2 ai 18 anni con affezioni respiratorie. Sono stati posti a confronto destrometorfano, un componente molto comune di prodotti per la tosse da banco, e un cucchiaino di miele di grano saraceno (questo tipo di miele è stato scelto perché facilmente disponibile nei supermercati americani e perché di colore scuro, con quindi una maggiore quantità di componenti fenolici = antiossidanti. Ma probabilmente anche un miele chiaro avrebbe funzionato). I prodotti, somministrati per due volte consecutive prima del sonno e paragonati all’assenza di trattamento, hanno mostrato la superiorità del miele, che può considerarsi tra i farmaci cosiddetti demulcenti: essi possono sfiammare le mucose e lenire l’irritazione che innesca il riflesso a tossire, poiché creano uno strato vischioso, lubrificante e protettivo. L’effetto positivo sembra aver incluso la qualità del sonno.
Per le ulcere gastriche e le gastriti
Gli effetti benefici del miele per le ulcere gastriche e le gastriti si possono spiegare con la sua azione antiinfiammatoria ed antibatterica, così come sull’effetto inibitore che può avere sull’acidità dei succhi gastrici. Uno studio del 2009 di E.A. Dubutsova, dell’Istituto Centrale di gastroenterologia di Mosca, ha mostrato infatti come l’ingestione di una soluzione di 120 ml di Miele al 33% era in grado di ridurre l’acidità dei succhi gastrici, purchè calda. Fredda, aumentava invece l’acidità. Un lavoro clinico della dott.ssa Jotkina dell’Istituto di Medicina dell’Università d Irkutsk, basato su 221 casi di pazienti affetti da ulcera gastrica, ha mostrato come l’aggiunta di miele al trattamento classico (farmaci e dieta) migliorava drammaticamente il successo della cura: una cicatrizzazione completa dell’ulcera nel 29% dei pazienti trattati normalmente, 50% di quelli trattati anche con miele. Risultati analoghi a quelli dell’Ospedale Ostroumov di Mosca, dove secondo i ricercatori il miele avrebbe normalizzato l’acidità dei succhi gastrici eliminando l’eruttazione e il dolore e favorendo la cicatrizzazione in modo analogo a quella delle ferite esterne. Questi citati sono solo alcuni tra numerosi lavori clinici svolti in diverse nazioni.
L’attività antibatterica dei mieli e la particolarità del miele di Manuka
Dal 1972 al 2008, quasi trecento prove di laboratorio sono state eseguite nel mondo, con mieli di tutte le provenienze, usando culture batteriche di una settantina di microorganismi diversi, per verificare l’attività antibatterica del miele. Molti mieli hanno rivelato una attività antibatterica a vasto spettro, spesso influenzata dal tipo di sorgente nettarifera da cui il miele proveniva. L’attività antibatterica del miele deriva dall’alto contenuto in zuccheri, dall’alta acidità, dalla produzione enzimatica di acqua ossigenata (perossido di idrogeno), ma anche da fattori dipendente dall’origine floreale e dal territorio. E’ il caso del miele derivante da certe specie di Leptospermum presenti in Nuova Zelanda e Australia, conosciute rispettivamente come Manuka e Mirto Australiano. La sua attività antibatterica sembra derivare da un componente chiamatao metilglioxale, presente in un miele normale in percentuale di 10 mg al chilo, nel miele di Manuka in percentuale di 700 mg al chilo, e addirittura, nel miele proveniente dal Leptospermum dela zona di Brisbane (est dell’Australia), 1750 mg al chilo!
Gli studi sui possibili benefici terapeutici del miele ricoprono un ampio spettro, in cui il miele viene preso in considerazione, il più delle volte, o come un componente di una terapia a base di altri prodotti dell’alveare o come integratore di una terapia allopatica. Così è stato utilizzato come aiuto in malattie croniche associate a stress ossidativo, come coadiuvante in malattie cardiovascolari, in gastroenterologia, in geriatria, in casi di alcoolismo per la sua azione sull’eliminazione dell’etanolo dal sangue, per affiancare e magnificare l’azione di antibiotici, per la cura di malattie della vista, come profilassi contro l’influenza, per lenire gli eventi infiammatori in casi di asma, nella toxemia causata dalla gravidanza, nebulizzato per la secchezza patologica delle mucose delle prime vie aeree, e in numerose altre situazioni.
Alcuni rimedi popolari
Emicrania dopo una sbronza: 2 cucchiai di miele in succo di limone (il fruttosio del miele e la vitamina C del limone aiutano il processo di disintossicazione)
Bruciatura blanda: ricoprire con uno strato di miele liquido o liquefatto
Contusione o livido: mescolare in pari quantità di olio d’oliva e miele e applicare, sovrapponendo una garza, per 4-6 ore
Virus (herpes) sulle labbra: applicare miele con una garza sul punto critico
Foruncoli: mescolare miele e farina in parti uguali, con un po’ d’acqua e spennellare; coprire con una garzetta e lasciare tutta una notte
Quando si è giù di corda: un cucchiaino di miele in una bevanda calda (latte o acqua)
Tosse e raffreddore: Un cucchiaio di miele in succo di limone
Come blando sedativo prima di dormire: secondo il farmacista scozzese Mike Mc Innis il miele funziona in questo caso: 1- mantenendo le riserve di glicogeno (fonte di energia)nel fegato evitando o limitando la produzione di ormoni dello stress al mattino presto 2- stabilizzando i livelli di zucchero nel sangue 3-contribuendo alla produzione di melatonina, l’ormone che presiede alla riparazione e ricostruzione dei tessuti nel sonno. In questo caso, un cucchiaio da minestra di miele prima di dormire, mescolato a una tisana di menta o camomilla o tiglio, o a succo di arancio o latte intiepidito
Crampi notturni: 2 cucchiaini da the prima di andare a letto, per rilassare le gambe soprattutto: il miele dilaterebbe le arterie alleviando la contrattura
E una volta ogni tanto, un piccolo miracolo…
Luigi Gatti, in arte Cianci Gatti, ora scomparso, è stato un talento versatile: musicista, poeta, virtuoso dell’armonica a bocca ed attore di varietà, celebrità della televisione. Questa testimonianza è tratta dal libro-intervista di Sandro Ottoni “Suonate pure! Io ho suonato abbastanza…” (titolo preso dal messaggio attaccato al suo campanello di casa), Silvana Editoriale, 2007.
Poco prima della Liberazione, Gatti venne catturato dalla Gestapo.
“Mi portarono al Corpo d’armata. Lì, per tre giorni fui seviziato, bastonato, flagellato. Mi chiesero di denunciare i miei compagni di studio o amici ufficiali nell’esercito. Credevano che fossi coinvolto in certi comitati clandestini. Mi hanno anche torturato con scosse elettriche , con fili attorcigliati intorno alle orecchie. Facevano passare una scossa più forte a ogni domanda. (…) A un certo punto, durante le scosse, vomitai sangue sulla parete, uno schizzo di sangue, due metri di diametro, non esagero. E’ rimasto lì, ho potuto farlo vedere ai miei genitori, mesi dopo, finita la guerra. Era ancora lì”.
Dopo altre vicissitudini, rimase alcuni giorni in coma all’Ospedale di Verona a seguito di un bombardamento: la nefrite che lo aveva colpito era acutissima, ed era stato salvato appena in tempo. Gatti venne alla fine accompagnato all’Ospedale di Bolzano, tra le sue montagne.
“Dopo pochi giorni dal mio arrivo (nell’Ospedale di Bolzano) ci fu la Liberazione. Ma i medici disperavano delle mie condizioni. Ricordo di avere sentito il professor Casanova che parlava con mio padre e mia madre nei bagni, vicino alla corsia: “Una settimana, due… ma non c’è niente da fare”.
Il mio peso normale era di ottanta chili. Allora ne pesavo trentadue. Si vedeva un pezzo di pane quando mi scendeva per lo stomaco. Avevano fatto di tutto, ma continuavo ad avere sangue nelle urine. Però alla vita ci tenevo. Non volevo morire così. Mi misuravano la febbre, le urine, ma era un proforma, come medicine mi davano giusto della vitamina C. Ne parlai con un’infermiera che conoscevo, si chiamava Amadori, suo figlio Sandro cantava allora come tenore ed eravamo amici anche tra famiglie. Lei aveva un libro di cure, tedesco, me lo fece leggere e mi disse di prendere un chilo di miele al giorno. Io sono un orso, il miele mi piace ancora oggi. Cominciai quella cura. Dopo due settimane non avevo più una goccia di sangue nelle urine. Ho fatto ancora sei mesi con un chilo di miele ogni giorno, e poi un anno con mezzo chilo.. Mi piaceva, non facevo nessuna fatica. Dopo un anno ho anche ripreso a giocare a pallacanestro, non come prima naturalmente. Avevo ancora residui della malattia, problemi alle articolazioni, eccetera.
Comunque all’ospedale non potevano capacitarsi. Un miracolo”.
Paolo Faccioli