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Il tema è insieme importante e complesso: è importante perché una regina costa e dalla sua mancata accettazione può dipendere un ritardo di produzione o il mancato invernamento di una famiglia rimasta orfana, ed è complesso perchè circolano tante tecniche diverse basate su altrettanti diversi frammenti di teoria. Ci occuperemo qui della semplice situazione di un apicoltore che vuole inserire una o più gabbiette da trasporto che gli sono arrivate per posta, tralasciando l’inserimento di celle reali, di vergini, l’allevamento di regine nella stessa azienda e anche la varietà di modelli di gabbiette con cui è possibile introdurre una regina.
Il modo apparentemente più semplice è, dopo aver ricevuto da un corriere una gabbietta contenente una regina e le accompagnatrici, rompere la linguetta di plastica o di sughero che chiude il tappo di candito perforandolo poi leggermente, infilare la gabbietta tra due telaini della cassa orfana o orfanizzata, col candito verso il basso perché non coli sulle api, aspettare qualche giorno per permettere l’accettazione della regina e raprire l’arnia per prendere atto del risultato. Purtroppo in un gran numero di casi la cosa può non funzionare così facilmente. C’è un certo numero di aspetti che occorre conoscere, per limitare i fallimenti. Anche perché limitare i fallimenti significa ovviare ad alcuni problemi che non dipendono dall’acquirente, ma che la regina si porta dietro per come è stata allevata e a volte per una componente genetica.

– la presenza di troppe api nell’alveare dove voglio effettuare il reinserimento, perché la “corte” di giovani api che normalmente accudisce la regina e ne assorbe i feromoni distribuendoli a tutto l’alveare, farà più fatica a far passare a un alveare popoloso il messaggio che la regina è presente;
– la presenza di operaie ovificatrici (come già detto);
– l’assenza totale di covata, perché implica una maggioranza di api adulte e l’assenza da parte delle api di quella percezione di “normalità riproduttiva” data dalla presenza della covata;
– l’assenza di importazione di nettare (per cui l’alveare è più statico, c’è poco scambio di cibo e anche il passaggio del feromone è più lento);
– il fatto che la regina sia giovane e irrequieta ed ecciti nelle api l’istinto ad aggomitolarla ed ucciderla;
– il fatto che, avendo passato un periodo nella gabbietta, non sia, al momento dell’introduzione, nel pieno delle sue funzioni ovificatrici, quindi “meno regina” e più leggera e irrequieta (vedi sopra);
– un periodo troppo breve (inferiore a 4-5 giorni) tra l’inserimento della regina e il controllo dell’accettazione, perché ogni disturbo può indurre nella regina un’agitazione che ne provoca l’aggomitolamento.
– La circolazione di cibo, che accelera anche la circolazione del feromone;
– Il fatto che la regina non abbia interrotto la deposizione e sia pienamente efficiente al momento dell’inserimento;
– La popolazione numericamente ridotta in cui viene inserita;
– La presenza di covata aperta, i cui feromoni danno alle api una percezione di “normalità”.
Questa lista contiene non solo delle implicite indicazioni, ma anche i “perché” , e dovrebbe essere sufficiente a scegliere da soli una modalità di inserimento della gabbietta ricevuta per posta. Ci sono diversissimi modi di inserire una regina (basta guardare uno o due manuali o fare una rapida ricerca su internet per rendersene conto), ma pochi forniscono i “perché” delle varie opzioni.
Un’opzione relativamente sicura, tra le varie possibili, prevede un inserimento in due tempi: prima inserendo la gabbietta in un piccolo nucleo (2-3 telaini di covata e abbondante nutrizione), privo di api adulte: posso spostare il nucleo di lato in modo che le api adulte ritornino alla loro famiglia d’origine, o scrollare abbondanti api da telaini di covata aperta dove presuppongo esserci soprattutto api giovani (facilitando il levarsi a volo delle adulte, che non devono avere modo di rientrare nel nucleo). Dopo 5-6 giorni riunisco il nucleo, dove ormai la regina è accettata, di nuovo in deposizione, e protetta dalle api ormai “sue”, alla famiglia destinataria finale della regina. Lo inserisco al centro, in uno spazio che ho svuotato del numero di telaini che devo inserire. Facendo così, ho tenuto conto di quasi tutti i fattori sopra elencati.
La ragione per suggerire che la regina debba essere inserita da sola è perché le accompagnatrici che si prendono cura della regina ostacolerebbero il contatto diretto tra la regina e le api della famiglia, rallentando la circolazione del feromone che, passando di ape in ape, fa sapere alla famiglia che la regina c’è. Forse non è un’operazione indipensabile, ma quando non fa perder troppo tempo si può cercare di farla, anche se richiede una attenzione e una manualità particolare proprio in un momento in cui le regine, alleggerite dalla permanenza della gabbietta, tendono a volare via perdendosi nell’aria.
Quanto all’”odore dell’alveare” (l’odore proprio di quell’alveare, diverso da quello di qualunque altro) che la regina dovrebbe assorbire per essere meglio accettata, Padre Adam riteneva fosse una leggenda, ma ai suoi tempi mancavano gli studi che invece oggi lo dimostrano. Tuttavia è interessante i l suo punto di vista, perché, vero o falso che fosse, lui sull’odore dell’alveare non ha mai contato per inserire una regina. Per Padre Adam è la relativa anzianità della regina a contare (e la quindi piena manifestazione della sua capacità ovificatrice che va naturalmente insieme a un comportamento più calmo e a un incedere più lento). L’odore dell’alveare, dimostrato soprattutto dagli studi di Michael D. Breed, comunque esiste, e le api discriminano tra amiche e potenziali nemiche proprio in base a questo odore, in cui ha un ruolo primario la composizione della cera (le proporzioni diverse per famiglia, di acidi saturi e insaturi, oltre che insieme ad altri fattori ambientali, si legano agli idrocarburi epicuticolari delle api). Poiché l’esposizione di api “straniere” ai favi di casa, in un esperimento di Breed, ha visto queste api trattate come sorelle dalle api guardiane, si è pensato che anche una regina, mantenuta per un po’ su un favo della famiglia dove deve essere introdotta, possa assumere l’odore di casa ed essere più facilmente accettata.
L’orfanità in realtà viene percepita dopo poco tempo dall’asportazione di una regina, nel momento in cui cessa la distribuzione all’interno dell’alveare del feromone reale prelevato dalla regina (addirittura dopo soli quindici minuti, secondo lo studioso canadese Marc Winston, ma anche su questo punto opinioni diverse). Padre Adam di nuovo non dà importanza a questo aspetto e sostiene che se una regina è matura si può sopprimere la vecchia e introdurre subito la nuova senza preoccuparsi del periodo di orfanità (quello che lui faceva era esporre i telaini per cinque minuti alla luce, a cui attribuiva un effetto calmante sulle api). Ma poiché noi stiamo parlando di regine arrivate per posta in una gabbietta, forse aspettare un po’ di più non guasta.
(da un contributo originale di Paolo Faccioli)
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