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Norme e regolamenti

Temi di stagione

15 maggio 2016

nomadismoIn realtà alcune delle questioni di seguito trattate sono temi che ricorrono, o di cui si parla, durante tutto l’anno, ma durante la stagione produttiva, ed a seconda del suo progredire, diventano più “sensibili”.

Sono tanti gli attuali problemi “burocratici “ (in primis legati alla anagrafe apistica), ma in particolare in questo periodo si riparla di distanze fra apiari, si chiedono notizie sul gasolio agevolato per gli apicoltori e riaffiora da qualche ASL la richiesta di pagamento della “gabella” un tempo prevista per il controllo sanitario dei locali di lavorazione del miele (dlgs 194/2008).

 Quindi, come d’abitudine, rifacciamo il punto su questi argomenti trattando in apposito articolo la questione gasolio agevolato.

Distanze fra apiari:

distanzeCon regolare cadenza, in occasione del periodo del raccolto, viene fuori il “problema” della “distanza minima” fra apiari.
In genere alla fine di tante parole si arriva a rispolverare e recuperare dal passato il Regio decreto Legge 2079 del 1925 ed il suo regolamento di esecuzione, il Regio Decreto 614 del 1927.
Con queste datate, e di fatto superate, disposizioni si dava la facoltà al Prefetto di stabilire distanze fra apiari stabili di non meno 50 alveari, distanze comunque non superiori ai tre chilometri. Questa facoltà prefettizia poteva essere esercitata a fronte di una specifica proposta del Consorzio Apistico Provinciale. Il contesto generale del Decreto farebbe capire che le ragioni per l’applicazione di tali distanze fossero di tipo sanitario.

Da allora nel 1954 è entrato in vigore il Regolamento di Polizia Veterinaria, testo unico che fissa norme sanitarie per la gestione degli allevamenti, per molti aspetti problematico e datato per l’apicoltura, che comunque non specifica alcunché in merito a distanze fra apiari per ragioni sanitarie.

Successivamente al 1954 in diverse regioni sono state adottate norme specifiche sull’apicoltura, stabilendo qualche volta anche criteri di distanza fra apiari, secondo artificiosi criteri di sfruttamento delle risorse nettarifere.

Infine nel 2004 viene approvata la legge nazionale 313 che disciplina l’apicoltura, che,al comma 4 dell’art.7 (Risorse nettarifere), recita:   “Ai fini di cui al presente articolo e unicamente per finalità produttive e per esigenze di ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse nettarifere, le regioni possono determinare la distanza di rispetto tra apiari, composti da almeno cinquanta alveari, in un raggio massimo di 200 metri.”

Quindi, per soli fini sanitari non esistino norme che fissano in generale distanze fra apiari, mentre per sole “finalità produttive” o “ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse nettarifere” le regioni possono deliberare e fissare distanze fra apiari di almeno 50 alveari (fissi o nomadi), e comunque di raggio non superiore ai 200 metri.

Queste “finalità produttive” sono tutte da dimostrare e meglio definire, e comunque eventuali norme locali esistenti in contrasto con quest’articolo della legge nazionale sono da ritenersi non applicabili.

Appare inoltre evidente che, un volta rispettata la norma del codice civile che definisce le distanze per gli apiari dai confini e dalle strade (art. 896 bis del codice civile, introdotto appunto con la legge 313/04), e/o eventuali restrizioni dovute all’applicazione del Regolamento di polizia veterinaria per la presenza ad es. di focolai attivi di una qualche patologia apistica, o restrizioni dovute ad ordinanze del Sindaco per ragioni sanitarie,  ogni apicoltore può collocare il suo apiario dove meglio ritiene (chiaramente in postazioni di cui ha la disponibilità).

Esistono poi in diverse regioni norme che regolamentano, in base a non ben definiti criteri di valutazione delle risorse, la collocazione degli apiari, con Comitati, Commissioni o simili che autorizzano o meno l’attivazione degli apiari. Il tutto, a mio parere, in palese contrasto con le norme nazionali e con il codice civile.

In conclusione le distanze di rispetto tra apiari (di consistenza superiore a 50 alveari) possono essere regolamentate solo da specifiche norme regionali e comunque non possono essere superiori ai 200 metri.

Tariffe per controlli sanitari (dlgs 194/2008)

gazzetta ufficialeCon il decreto indicato sono state definite tariffe finalizzate al finanziamento dei controlli sanitari ufficiali, eseguiti dalle autorità competenti per la verifica della conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
Il decreto ha subito diversi successivi aggiornamenti ai quali si sono aggiunte circolari interpretative e “interpretazioni locali”.
Nel tempo sono state richieste pertanto dichiarazioni in merito alla modalità di commercializzazione (ingrosso/dettaglio) e alla tipologia di attività (primaria / postprimaria).
Ancora oggi vengono a volte richiesti pagamenti o dichiarazioni su questioni non più considerate dal dispositivo, con generale confusione e spesso scarsa reale lettura della norma aggiornata realmente vigente.

Le successive modifiche hanno portato alla attuale stesura della norma che all’art 1 ( Campo di applicazione) riporta:

……(omissis)
3-bis. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente decreto gli imprenditori agricoli per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile.
L’esclusione si applica per le attività di cui all’allegato A, Sezione 8, sempre che siano esercitate nei limiti delle fasce ivi previste.

Dalla lettura di quanto indicato nell’allegato A del decreto legislativo 19 novembre 2008 alla Sezione 8, si desume che, per la produzione di miele, possono usufruire dell’esenzione dall’applicazione del decreto 194/2008 le attività di lavorazione annua inferiori alle 1000 (mille) tonnellate di miele.

Pertanto ricordiamo e ribadiamo che, indipendentemente dalle modalità di vendita del prodotto (dettaglio, ingrosso, conferimento a cooperativa o a organizzazione di produttori) e/o della tipologia produttiva  (primaria o post primaria) gli apicoltori, in quanto imprenditori agricoli, non sono tenuti al pagamento di alcuna tariffa alle ASL per l’attività di controllo sanitario, se la produzione/lavorazione rientra nei limiti sopra indicati (1000 ton/anno).

A questo riguardo alla eventuali richieste della ASL si può rispondere con una autodichiarazione come da modello riportato (pdf autocompilabile).

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