L’Unaapi, congiuntamente alla Fai, ha inviato alla dottoressa Gaetana Ferri, Direttore Generale della Sanità Animale del Ministero della Salute, una lettera con la quale si offre la piena collaborazione ad intervenire, per quanto di nostra competenza, ai fini della eradicazioane del parassita rilevato in Calabria. Inoltre, nella lettera, si sottolinea la necessita di attivare procedure che prevedano un adeguato indennizzo per gli apicoltori ai quali viene richiesta la distruzione dei propri alveari colpiti dal parassita. Procedure peraltro previste e attivate in zootecnia in analoghe emergenze sanitarie.
Nel frattempo ci arrivano numerose le segnalazioni, da parte di tecnici apistici e apicoltori professionisti, di pronta disponibilità a recarsi nella zona colpita per aiutare nell’opera di verifica e monitoraggio dell’infestazione. Il segnale di allarme è scattato ed è forte e preoccupata l’attenzione degli apicoltori affinché si affronti celermente questa nuova (ci mancava! specie quest’anno!) avversità, al fine di darne la corretta dimensione e procedere al suo immediato contenimento.
In questa ottica riportiamo di seguito integralmente una lettera inviataci da Luca Bonizzoni, apicoltore professionista, dirigente della rete Unaapi, con alcune prime considerazioni e proposte nel merito.
Aethina: per uscire dalla disperazione proviamo a pensare positivo e fare delle proposte
Premessa:
- È presente.
- Non sappiamo da quanto e non sappiamo quanto è diffusa .
Facciamo due ipotesi :
- la peggiore : c’è da questa primavera.
Se fosse così, da quello che dice la letteratura, sarebbe sicuramente molto diffusa: perché ha cicli di riproduzione molto rapidi, perché si sposta facilmente da alveare ad alveare e da apiario ad apiario, perché è apparsa in una zona ad altissima presenza di apicoltori locali e nomadi e perché sino ad adesso è probabile che il contrasto degli apicoltori ad Aethina sia stato limitato.
Se ci fosse da questa primavera è ragionevole pensare che oggi non sia diffusa solo in quella zona ( raggio di 20 o di 100 km).
È ragionevole pensare che ci sia anche in nuclei prodotti in Calabria e venduti in altre regione italiane. È ragionevole pensare che ci sia anche in alveari nomadi che escono dalla Calabria verso altre regioni. oppure, ancora, potrebbe essersi diffusa tramite la vendita di regine prodotte in quella zona.
Se fosse questa la realtà… gli apicoltori italiani dovranno imparare a coesistere con un nuovo gravissimo nemico e, dobbiamo solo sperare che le autorità la dichiarino endemica rapidamente, così almeno possiamo continuare a lavorare ( altrimenti il blocco degli spostamenti su tutta Italia bloccherebbe la produzione) e comunque la sua diffusione creerebbe danni gravissimi: ai biologici (totalmente rovinati), alla produzione di regine e di sciami (o impossibile o difficilissima – si difendono le famiglie forti ), alla esportazione di api (totalmente bloccata).
- la migliore : c’è da poco ed è in pochi alveari di quella zona.
Forse è arrivata dal porto con la legna o la frutta ( l’ipotesi che qualcuno sta diffondendo ). Che il coleottero sia arrivato con un carico di alveari o pacchi dall’Australia o dagli USA, in un container via nave, mi pare più che improbabile, ridicola, e poi ogni porto ha una dogana e controlli sanitari sulle specie animali; e infine, da esperto di viaggi lunghi con le api …. il viaggio in nave mi pare un po’eccessivo.
Perché mi pare possibile questa seconda ipotesi? Non solo perché voglio vedere il bicchiere mezzo pieno – strano -, ma per quello che sappiamo, dai colleghi calabresi che parevano ben informati.
Ecco quello che so. Primo rinvenimento : due nuclei su tre in questa postazione sentinella della università (uno molto infestato, uno poco infestato, uno indenne ) a circa 2 km dal porto, per la prima segnalazione. Dopo questa prima segnalazione ( 5 settembre ) sono partiti i controlli in molti apiari nella zona, all’inizio sembra solo dei veterinari della zona. Dal 12 settembre sono partiti i controlli anche di una Commissione di esperti composta da una veterinaria francese referente per l’Europa, un responsabile dei servizi veterinari italiani, e un responsabile dei servizi veterinari calabresi. In questi giorni dal 12 al 17 in una zona ristretta, probabilmente molto adiacente al primo caso, si è trovato un solo apiario infestato e in questo apiario composto di una quarantina di famiglie si sono trovati solo 8 individui adulti. L’apiario si trovava fra il primo focolaio e il porto. La mia riflessione è: “Se ce ne fosse stata tanta e da tanto tempo, si sarebbe trovata in tanti apiari e in tante casse “.
A meno che la zona di Gioia Tauro non sia solamente una periferia di una infestazione che arriva da lontano, e qui l’ottimismo cala …
Provo a fare alcune proposte forse un po’ stralunate sull’ipotesi più favorevole: un tumore piccolo e delimitato.
Primo dobbiamo verificare questa ipotesi e in modo rapidissimo eliminare tutte le possibilità di contagio. In 15 giorni dobbiamo sapere cosa c’è in una raggio ragionevole ( 10 km ) intorno a questi due focolai . Per farlo rapidamente dobbiamo affiancare ai veterinari responsabili una squadra di tecnici apistici e apicoltori professionisti volontari ( potremmo chiamarlo il gruppo della protezione civile delle api ) con il compito di affiancare i veterinari e, sotto la loro supervisione, aprire cassette e spostare telai e cercare il parassita o i segnali della sua presenza. Solo una squadra di questo tipo ( veterinari più 10 tecnici) può compitamente visitare gli alveari di quell’area in 15 giorni ( le stime dei colleghi calabresi parlano di 2000 / 5000 famiglie ).
Fatto questo primo screening sapremo se la seconda ipotesi è confermata, In questo caso si potrà allargare il cerchio a 20 km. Ci vorranno altri 20 giorni, successivamente, dopo poco più di un mese, si potranno trarre delle conclusioni ragionevoli sulla gravità del tumore e saranno le autorità sanitarie a prendere le decisioni conseguenti.
L’idea è già di per sé strana, vedo già le obiezioni e per funzionare ci devono essere almeno questi prerequisiti:
1) Garanzia agli apicoltori che eventuali soppressioni di famiglie di api o di materiale abbiamo un congruo e rapido indennizzo e che tutte le spese per la sterilizzazione o congelamento di tutto il materiale a rischio siano rimborsate.
2) Garanzia agli apicoltori che l’indagine sia limitata alla ricerca della Aethina Tumida e che qualsiasi altra anomalia riscontrata non implichi non necessari e inadeguati interventi repressivi.
3) Adeguato riconoscimento ed istruzione a volontari della protezione civile delle api e copertura delle spese necessarie.
Tutto questo per dire: proviamole tutte prima di essere fottuti .
E … io speriamo che me la cavo!
Luca Bonizzoni
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