Le modalità di assaggio professionale del miele sono state configurate negli anni 70 da Michel Gonnet. Oggi queste modalità si ritrovano codificate dall’Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele.
Assaggiare un miele professionalmente significa utilizzare consapevolmente i nostri sensi, orientandoli a una valutazione, piuttosto che abbandonandosi al puro piacere.
In una valutazione professionale, è importante eliminare ogni influenza dell’ambiente così come del modo in cui il miele è presentato. E’ importante concentrare l’attenzione su ciò che è essenziale, tenere fuori dal nostro campo di coscienza tutto quello che non riguarda il nostro esame, o addirittura lo disturberebbe.
Per fare un’esperienza personale, si può iniziare semplicemente da un vasetto di miele, e se si ha a disposizione un bicchiere a ballon da 150 millilitri, o più semplicemente un calice da vino, si può trasferirvi una piccola quantità di miele di circa 30 grammi. Potremo così vedere il miele in trasparenza, prendere nota del colore, osservando magari che nel vasetto, in una massa maggiore, il colore appare più scuro che nel bicchiere.
Il primo esame a cui sottoponiamo il miele è quello della VISTA.
Il miele apparirà cristallizzato o liquido, e potremo notare se è omogeneo o presenta delle impurità, o delle parti schiumose. Se i cristalli appaiono grossi o fini.
Come possiamo definire il colore?
Possiamo per prima cosa notare quanto è scuro e quanto è chiaro.
Poi, trovare una parola per definire la qualità di quel colore.
Se non ci viene, possiamo attingere al vocabolario normalmente usato dall’assaggiatore: è ambrato? (chiaro? scuro? molto scuro?) è quasi incolore? oppure di un giallo paglierino?
(Queste sono parole che si applicano soprattutto ai mieli liquidi)
O c’è un’altra parola che ritieni più appropriata?
E’ un unico colore, o presenta delle tonalità, dei riflessi diversi?
E’ bianco? avorio? beige? nocciola? marrone? giallo? color crema?
(Queste sono parole che si applicano soprattutto ai mieli cristallizzati)
L’esame visivo è qualcosa che, in fondo, avremmo potuto fare in qualsiasi ambiente, purchè dotato di una luce buona e chiara.
Il prossimo passo –seguendo la naturale sequenza di chi entra in contatto con un cibo- è l’esame dell’ OLFATTO. Ed è qui che diventano più rigorose le precauzioni previste.
Il locale non deve avere odori estranei, ma anche il nostro corpo, i nostri vestiti, non devono essere profumati, perché questo falserebbe la nostra percezione. A questo punto è bene spatolare il miele sulla superficie del bicchiere, per esporre una maggiore superficie ai recettori del nostro naso. Anche scaldare leggermente il bicchiere con le mani può aiutare l’odore a rivelarsi. Si fiuta alcune volte, col naso vicino all’orlo del bicchiere. Un’odore arriva presto a saturazione, per cui, se si vuole ripetere l’esperienza una seconda volta, meglio aspettare una ventina di secondi. Un trucco è anche quello di annusare i propri vestiti, purchè non siano profumati: è l’odore più neutro, quello a cui siamo più abituati, dove azzerarci per ripartire.
Anche questa volta dovremo trovare delle parole, degli aggettivi, per definire l’odore che abbiamo percepito.
Ma questa volta sarà più difficile, e non c’è da preoccuparsi se lo troveremo un po’ difficile. Il senso dell’olfatto, man mano che l’uomo ha assunto la posizione eretta e ha avuto meno bisogno dell’istinto, è passato in secondo piano rispetto all’udito e alla vista, e lo sforzo che faremo per trovare gli aggettivi più appropriati rimetterà in gioco un meccanismo molto arrugginito, sarà un modo di far incontrare il nostro uomo primitivo con la parte più civilizzata e razionale.
La prima cosa che noteremo sarà l’intensità dell’odore, che potrà essere da impercettibile fino a forte.
Ma quale parola può descrivere l’odore di questo miele?
Oppure potremo chiederci: cosa ci ricorda questo odore? Dove lo abbiamo già sentito? Da dove proveniva?
Se è stato difficile trovare una parola, attingiamo di nuovo al vocabolario dell’assaggiatore professionale, che per aiutarsi usa una classificazione degli odori che li divide in floreale, fruttato, vegetale, caldo, aromatico, animale, caramellato, chimico. All’interno di queste famiglie, possiamo trovare altre specificazioni nella scheda allegata o nella
E a questo punto si è pronti per la prova del GUSTO.
A questo punto occorre sapere che il gusto, in realtà, è un misto di gusto e odorato (perché attraverso la bocca “annusiamo” con la parte retronasale del sistema olfattivo). Dunque è meglio non ritornare all’esame olfattivo dopo aver gustato, perché l’aroma che abbiamo ancora in bocca saturerebbe la percezione, impedendoci di usare la via nasale diretta.
Anche qui ci sono delle precauzioni da osservare. Un assaggio risulterà sicuramente falsato se abbiamo precedentemente mangiato cibi dal sapore persistente, come aglio, cipolla, o se, poco prima, abbiamo fumato o bevuto caffè.
Se assaggiamo più mieli, è opportuno far passare almeno un minuto tra un assaggio e l’altro, e ancora più se i mieli sono tanti e dal sapore persistente. Sciacquarsi la bocca con acqua, o mangiare un pezzetto di mela, aiuta a creare uno stacco.
Schiacciando il miele tra la lingua e il palato, e lasciando agire la salivazione, possiamo innanzitutto distinguere i 4 sapori fondamentali: DOLCE, ACIDO, AMARO, SALATO, che è l’esperienza gustativa in senso stretto: questi infatti sono sapori che si possono percepire anche quando (per esempio a causa di un forte raffreddore) l’odorato non funzioni.
Anche per il gusto si può definire il grado di intensità.
E anche questa volta dovremo trovare qualche parola, qualche aggettivo, per definire la qualità particolare del miele che stiamo assaggiando.
Se non ci viene facilmente una parola, potremo di nuovo trovare ispirazione nella scheda allegatao nella
A volte il sapore del miele può cambiare di qualità dopo un po’ che si ha nella bocca, avremo allora quello che si chiama retrogusto.
Nel lavorare il miele con la lingua, avremo anche una percezione del miele attraverso il senso del TATTO. Ne avevamo avuto un’anticipazione spatolandolo, ma adesso è un rapporto più intimo col prodotto.
Se il miele è liquido, potremo accorgerci che va da un estremo di fluidità a quello opposto di viscosità, passando per diverse gradazioni.
Se è cristallizzato, può avere una consistenza morbida, pastosa, compatta.
E i cristalli?
Possono essere fini, medi, grossi, solubili, insolubili, tondeggianti o angolosi.
Una volta esaminato il miele attraverso una completa esperienza sensoriale, potremo riandare alle parole che abbiamo usato per provare a memorizzarlo (sapendo per esempio che è di robinia, castagno, eucalipto, girasole, tiglio, ecc), in modo da saperlo riconoscerlo in futuro.
Se assaggiamo insieme a qualcun altro, e non siamo nell’ambiente professionale degli assaggiatori, con tanto di cabina individuale, dobbiamo stabilire una complicità: nessuno deve fare né commenti ad alta voce né smorfie o altre espressioni: è facilissimo influenzarsi.