- Cos’è il polline
- Struttura e qualità di una cellula di polline
- Impollinazione e biodiversità
- Come viene raccolto, elaborato e conservato dalle api
- Come viene raccolto dall’apicoltore
- Il problema della conservazione
- Ricchezza alimentare
- Pollini millefiori e pollini monofloreali
- Sono possibili allergie o intolleranze al polline?
Il polline è costituito da una moltitudine di granuli microscopici contenuti nei sacchi pollinici delle antere dei fiori e ha l’aspetto di una polvere diversamente colorata a seconda del fiore. Questi granuli sono le cellule riproduttrici maschili della pianta. Questa polvere viene facilmente trasportata dal vento e riesce a raggiungere gli organi femminili dei fiori (pistilli).
La cellula del polline, o granello di polline, è la cellula fecondante della pianta. Essa contiene due nuclei: uno formerà il frutto, l´altro il seme. La cellula è protetta da vari strati che insieme costituiscono sistemi complementari di protezione. L´intina, che avvolge la cellula, ha una struttura costituita da fibre di cellulosa che offre una protezione meccanica contro lo schiacciamento; la sua superficie esterna presenta forme proprie per ogni specie e varietà. E’ questa varietà di forme che consente di identificare l´origine botanica del polline, così come l’origine floreale dei mieli, che conservano sempre traccia dei pollini di provenienza. Inoltre l´intina, essendosi fissata in alcuni terreni, permette di identificare la vegetazione presente al momento della formazione del terreno in occasione di scavi archeologici. La funzione dell´intina è quella di trattenere l´exina. L´exina è costituita da sostanze grasse solidificate, colorate, ricche di caroteni, aromi, polifenoli, fitosteroli, flavonoidi e vitamine liposolubili antiossidanti. Essa è il concentrato di molecole che il regno vegetale utilizza per proteggersi dall´ossidazione, dall´attività nociva della luce e dal disseccamento. Per lo più queste molecole sono preziosi micronutrienti con forte potere antiossidante.
Il procedimento con cui le api operaie raccolgono il polline è affascinante. Prima di uscire per bottinare, le api riempiono l´esofago di nettare prelevato dalle scorte dell’alveare. Giunte sul fiore, raccolgono il polline grazie ad “attrezzi” particolari di cui sono dotate. Tramite la peluria che le ricopre e a spazzole di peli rigidi che hanno sulle zampe, le operaie recuperano la polvere di polline riducendola in palline che poi trasportano nelle “cestelle del polline”, costituite da lunghe setole arcuate situate nel le zampe posteriori. Per assicurare l’aderenza e la compattezza delle palline, utilizzano il nettare che avevano prelevato all’uscita. I fermenti presenti nel nettare provocano un´inseminazione nelle pallottoline.
Le api devono custodire un alimento straordinario, più ricco in proteine della stessa carne e del pesce e che proprio per questa sua ricchezza è molto delicato poiché gli stessi microrganismi di cui è ricco potrebbero danneggiarlo. L´ape produce il polline alla temperatura dell’alveare, che è di 36°C, una temperatura che, insieme con una elevata umidità, consente lo sviluppo delle larve impedendo a loro e al loro nutrimento (la pappa reale) di seccarsi. Temperatura e umidità che potrebbero però rendere difficile la conservazione del polline. Per conservarlo, le api allevano dei fermenti lattici e alcuni lieviti nel nettare immagazzinato vicino alla covata. Questo procedimento microbico, costituito da 5-8 fermenti e da 3 lieviti, ha il compito di impedire qualunque putrefazione batterica del polline. Una pratica, degna di un procedimento industriale, che è patrimonio dell´ape da milioni di anni. Il polline così elaborato dalle api e immagazzinato nei favi prende il nome di pane d’api.
Ricchezza alimentare
Il polline allo stato fresco può contenere da 1 a 10 milioni di fermenti lattici per grammo, fermenti che hanno un benefico effetto sulla flora intestinale e il transito. Contiene anche fibre, che contribuiscono a regolarizzare le funzioni intestinali. A seconda della provenienza floreale, il polline contiene in diversa misura beta-carotene (che l’organismo trasforma in vitamina A), vitamine del gruppo B, vitamina E, vitamina C, minerali (calcio, zinco, magnesio e fosforo), flavonoidi e fitosteroli.
Pollini millefiori e pollini monofloreali
E’ stato Patrice Percie du Sert a commercializzare, insieme al polline “millefiori”, anche una serie di pollini monofloreali, in particolare quello di salice, di cisto, di erica, di castagno, sottolineando sia la diversa composizione in principi nutritivi che rende l’uno o l’altro più adatto a una serie di problematiche della salute, sia la differenziazione organolettica e la gradevolezza.
Sono possibili allergie o intolleranze al polline?
Allergie e intolleranze sono fenomeni diversi, entrambi in crescita nella popolazione adulta dei paesi industrializzati. In Italia riguardano soprattutto frutta e verdura e in particolare mela, pesca, kiwi, noci, arachidi, pomodoro e sedano. Ma possono riguardare anche latte, pesce, arance, uova, soia, crostacei.
Le allergie sono molto meno frequenti delle intolleranze alimentari (circa 20 casi su 100). I sintomi si manifestano rapidamente e violentemente dopo l’ingestione di cibo, quindi è facile riuscire a collegarli alla causa. Esistono inoltre test cutanei di allergia, per individuarle.
I sintomi sono simili a quelli di chi soffre di allergie da polline: arrossamenti della pelle con prurito, problemi respiratori (riniti, congiuntiviti, asma), nausea, vomito, diarrea.
Le intolleranze compaiono dopo un lungo periodo di tempo, cioè fino a che l’organismo ha raggiunto un limite nel tentativo di produrre meccanismi compensatori di tolleranza per un certo alimento. I disturbi sono gli stessi delle allergie, ma meno acuti. Possono riguardare latte e latticini, lieviti, frumento, olio d’oliva, olii vegetali.
In entrambi i casi si prescrive l’esclusione dell’alimento dalla propria dieta.
I pollini raccolti dalle api non sono quelli trasportati dal vento, come quelli di conifere o graminacee, e che danno di solito origine a manifestazioni allergiche respiratorie. Le piante che hanno scelto le api come strategia di disseminazione producono un polline privo di allergene, ma molto ricco di micronutrienti dai benefici effetti.
Però c’è dall’uno al due per mille della popolazione che è allergica ai pollini raccolti dalle api. In genere si tratta di persone che hanno allergie generalizzate, che reagiscono cioè a più di otto-dieci allergeni.
Si può tentare di mettere in bocca pochi granuli di polline e tenerli per un po’ senza deglutire. Se si nota un ispessimento e/o un’infiammazione della mucosa della bocca significa che c’è reazione e non bisogna consumare polline. Se la gola pizzica o la voce diventa roca per un breve lasso di tempo, è solo un effetto momentaneo che, d’altra parte, è benefico per le corde vocali.
C’è poi il 2% di persone che hanno una specifica intolleranza alimentare al polline: questo provoca dei dolori alla pancia, delle nausee, ma non è un problema di tipo allergico, devono solo aspettare che passi. Alcuni riescono a superare questo problema assumendo il polline in piccole quantità che diventano poi crescenti, altri hanno un problema solo con un tipo di polline, da qui l’interesse di poter disporre di pollini monofloreali. E c’è chi comincia solo dopo molto tempo a manifestare un’intolleranza. In genere sono quindi intolleranze alimentari, che possono essere definitive o temporanee, più che allergie.
Le persone allergiche al polline anemofilo possono, senza alcun problema, sfruttare l’altissimo valore alimentare del polline raccolto dalle api. E’ necessaria solo un po’ di prudenza nel caso siano allergiche a un gran numero di allergeni. Altrimenti potranno ricavarne un gran beneficio e le loro reazioni allergiche diminuiranno di intensità.
Paolo Faccioli