Uno dei mieli più interessanti con l’etichetta Last Forest è il “miele amaro” (“Bitter Honey”) prodotto nella zona montagnosa del Nilgiri, (Western Ghats). Ha un profumo di frutta e caffè, un aroma di frutta concentrata ed è spiccatamente amaro; il suo nettare proviene da un albero della famiglia delle mirtacee, il Syzigium Cummini. E’ prodotto dall’ape gigante (apis dorsata), una specie autoctona che nidifica su alti alberi o alte rupi e che richiede il lavoro dei “cacciatori di miele” che si arrampicano fino a 90 metri di altezza per prelevarlo. Si tratta di una tradizione millenaria e nelle comunità tribali solo pochissimi individui possono ricoprire questo ruolo, che viene trasmesso a solo uno o due individui della generazione successiva. Il cacciatore di miele è però circondato da un gruppo di supporto. C’è chi prepara il cesto per raccogliere il miele o la scala di corda per salire sulle rocce (che dev’essere fresca perché, se fosse secca, tenderebbe a spezzarsi nell’attrito contro la pietra), chi prepara il fumo e chi sosterrà la scala durante le operazioni. L’apis dorsata è conosciuta per la sua aggressività, ma il cacciatore di miele riesce a ritagliare e prelevare porzioni di favo senza farsi pungere, con l’aiuto soltanto di un po’ di fumo, di esperienza ma soprattutto, a dire dei membri della Keystone Foundation che seguono l’ attività dei cacciatori, di un profondo senso di simbiosi, di rispetto quasi religioso e di un atteggiamento amichevole e non predatorio verso le api.
Il compito che si è data la Keystone Foundation è di trovare spazi per la commercializzazione dei prodotti della foresta. Il miele, prima, era oggetto di baratto, ma non aiutava a garantire facilmente il sostentamento delle comunità tribali. Il compito include non solo la raccolta del miele e l’invasettamento, ma soprattutto la preparazione dei raccoglitori di miele perché riescano a presentare un prodotto secondo criteri igienici e in grado di durare. Per questo viene insegnato ai cacciatori di miele a raccogliere solo il miele opercolato, che comunque, nel caso dell’apis dorsata, può raggiungere il 22% di umidità. Il miele viene pagato tanto di più, tanto è minore il contenuto d’acqua, in modo da far capire il valore di un prodotto che verrà portato sul mercato; così il prezzo migliore lo spunta il miele che non supera il 21% di umidità; fino a 23-24% viene pagato meno e venduto celermente, al di sopra del 26-27% non viene accettato. La vecchia pratica da superare consisteva nello spremere i favi, che contenevano anche residui di polline e covata, mentre oggi il solo favo di miele viene tagliato longitudinalmente, nel mezzo, in modo da far colare il miele, che è poi sottoposto a un triplice livello di filtrazione. Riuscire a far passare questi principi tra le comunità tribali ha richiesto diversi anni.
Anche il miele Last Forest denominato “Sweet Honey” è prodotto dall’apis dorsata, ed è un miele multiflorale, che può avere un profumo balsamico e caramellizzato, e un gusto fruttato, aromatico, leggermente acido.
La Keystone Foundation ha come simbolo un picchio, il cui nido, faticosamente scavato, viene lasciato a disposizione di altri organismi, per indicare la sua vocazione allo sviluppo in chiave ecologica.
Under the Mango Tree (“ sotto l’albero di mango”, http://www.utmt.in/), è il nome di un’organizzazione no profit creata per migliorare la vivibilità nelle zone rurali dell’India, in particolare in Maharashtra, Gujarat, Rajastan (visualizza la mappa delle regioni).
Con l’etichetta “Forest Honey” (miele di foresta) viene commercializzato un miele multiflorale di apis dorsata dal profumo di frutti trasformati che ritorna anche in bocca, con un leggero fondo amaro.
Il quarto è un miele di apis cerana multiflorale prodotto nel Gujarat (nord ovest dell’India), dal profumo di liquerizia e cacao e in bocca caramellizzato, leggermente amaro, che ricorda il miele di eucalipto o di ombrellifere.
Nel fare da ponte tra l’India agricola e l’India urbana, UTMT ha dato una speciale importanza alla divulgazione dell’uso del miele in cucina, con la manifestazione “Cooking with Honey” (cucinare col miele), creata con l’aiuto di due importanti chef. Nonostante l’incredibile poesia aromatica dei suoi dolci, l’India conosce poco il miele come dolcificante o come ingrediente di cucina. L’uso popolare del miele è soprattutto medicinale e rituale. A un bambino appena nato, nel momento in cui gli viene dato il nome, una goccia di miele viene posata sulle sue labbra: deve suggellare l’inizio di una vita perché il miele è cibo degli dei. Ma magari poi quel bambino riassaggerà il miele solo quando comincerà a starnutire, e la mamma si ricorderà di quel vasetto dimenticato da mesi in un armadio. Così il gruppo di “Under The Mango Tree” cerca di far scoprire il miele alle massaie indiane, magari senza cercare di innestarsi in una tradizione di dolci troppo radicata per essere modificata, ma inserendolo in prodotti più moderni come i gelati o i pancakes, o insieme a frutti come i leechee.