Gin-Pachi: le api di GinzaGinza è una vasta area di Tokyo, famosa per i suoi negozi esclusivi, grandi magazzini, teatri, ristoranti, gallerie d’arte e night clubs, ma anche per la grande quantità di verde urbano. Dal 2006 si è sviluppato un progetto per l’installazione di api sui tetti dei grattacieli, dove esisteva anche una tradizione di orticoltura e frutticultura, e persino coltivazione di riso. Le api possono bottinare nei giardini Hama-rikyu,nel la Residenza Imperiale,nel Parco Hibiya e sui numerosi viali alberati del quartiere. Delle 2600-2700 tonnellate di miele prodotte in Giappone, “ben” 9 quintali sono costituiti dal miele urbano di Ginza! Le varietà di miele che si possono raccogliere sono ciliegio, crocifere, castagno, ippocastano, liriodendron (una magnoliacea), mandarino e agrifoglio caduciforme. O perlomeno queste sono le principali sorgenti nettarifere.
Il miele di Ginza che presentiamo porta l’etichetta “Gin-Pachi” (le api di Ginza – http://www.gin-pachi.jp/ – sito in giapponese), è presumibilmente un miele multiflorale e ha un profumo di frutta matura, leggermente acuto, e in bocca un aroma di frutta fresca.
Ambasciatori di questo miele sono stati Kazuo Takayasu e Atsuo Tanaka, rispettivamente presidente e vice-presidente del Ginza Bee Project. Ma l’impulso e l’ispirazione per questo progetto è venuto da Seita Fujivara, Presidente dell’Associazione Apicoltori Giapponesi e apicoltore professionista di terza generazione. Fujivara opera soprattutto nel Nord del Giappone, a Morioka, nella prefettura di Iwate, una delle zone colpite dal terremoto del 2011. E’ anche professore affiliato alla Tokyo University of Agricolture. Oltre a gestire il ramo apicoltura di un’azienda che produce anche gelati, è un entusiasta sostenitore sia dell’apicoltura urbana che di un revival dell’ape giapponese, una sottospecie locale dell’apis cerana, diffusa in tutta l’Asia.
Le api giapponesi sono meno produttive, ma più resistenti alle malattie della covata rispetto alle api europee. Sono inoltre capaci (a differenza delle europee) di difendersi dagli attacchi del calabrone gigante, che neutralizzano formando coi loro corpi una palla intorno ad esso per ucciderlo con l’emanazione di calore. Sono anche più resistenti alle temperature fredde e visitano un maggior numero di fiori, svolgendo una più efficiente funzione impollinatrice e anche attingendo a una maggiore varietà di nettari, producendo quindi mieli dai sapori più complessi. Ma questo in parte è dovuto anche al fatto che, essendo molto meno produttive delle api europee, vengono smielate, in genere, solo una volta a fine stagione, lasciando così che si sovrappongano nel loro miele i nettari di tante fioriture diverse. Le api giapponesi sono tradizionalmente allevate in alveari rustici, ma Fujivara ha messo a punto un’arnietta a favi mobili commisurata alle dimensioni di una colonia di ape giapponese, per estrarre il miele per centrifugazione e non per spremitura e separatamente dalla covata e dal polline. Ciononostante esiste una produzione anche di miele “tradizionale”contenente residui di polline e di larve d’api (il cosiddetto “Nigurimitsu” o miele torbido), e anche di miele in cui sono stati immersi a macerare dei calabroni giganti (che ha un forte sapore di medicina). In entrambi i casi viene vantata una pretesa proprietà medicinale ed energetica. “Taremitsu”, il miele ottenuto per centrifugazione ha ovviamente un gusto più raffinato ed è consigliato per l’uso in cucina o per la preparazione di dolci, mentre il Nigorimitsu, col suo sapore più complesso, è consigliato insieme a pane di segale.
Anche in seno al Ginza Honey Bee project vengono utilizzate api giapponesi, oltre a quelle europee.
Il miele prodotto è anche impiegato per confezionare torte e altri dolci venduti nelle pasticcerie e confetterie, oltre che cocktail nei bar di Ginza.
Le api prosperano in città come Tokyo, più che in campagna, e questo è quasi sicuramente dovuto al divieto di usare, in città, pesticidi , che invece sono molto usati in campagna nella coltivazione del riso. L’uso di pesticidi è uno dei fattori che hanno contribuito al declino dell’apicoltura giapponese, insieme alla forte deforestazione seguita alla ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale. Il Giappone ha anche risentito dell’età avanzata dei suoi apicoltori che ha visto una riduzione da 15.000 a 2.500. Inoltre il prezzo delle api è raddoppiato negli ultimi tempi per il bando alle importazioni motivato dal voler evitare la diffusione di parassiti. Dunque questo nuovo, entusiastico, movimento può aiutare a far ripartire l’apicoltura in Giappone.
Sendai
Sendai è la città più vicina all’area del terremoto-tsunami del 2011. Takaharu Saito, il nostro corrispondente giapponese, è un apicoltore urbano proprio di Sendai. Passati pochi mesi, ci ha raccontato come dopo la catastrofe, col senso di disorientamento e di confusione che ha comportato, nell’area cittadina tutto ha ripreso a funzionare come prima, nel momento in cui, invece, nella zona costiera mancavano ancora ricoveri e comunicazioni. Ma si manifestava una grande solidarietà e sostegno dalla città verso quella parte della popolazione così colpita. I suoi alveari, sul tetto di una costruzione, erano andati persi ma, passati pochi mesi, erano tutti di nuovo in attività.
![]() |
![]() |
Il miele che presentiamo è stato portato da Yumi Abe, che dirige il Sendai Honey Bee Project o “Sen-Pachi “ (http://sen-pachi.jp, ma il sito è in giapponese). E’ un miele dal profumo di frutta trasformata, con una nota agrumata e medicamentosa, in bocca si espande gradualmente fino ad acquisire una media persistenza, con un aroma di frutta molto matura, di sciroppo di fiori macerati, con una nota orzata. Un miele tipicamente e piacevolmente orientale.
Nella prima celebrazione di San Valentino a un anno dalla catastrofe, insieme ad altri prodotti locali quali caffè, sakè, cioccolato, il miele è stato molto ricercato, anche per una forma di interesse e solidarietà per la zona colpita. In particolare, è stato presentato del cioccolato a forma di favo contenente il miele di Sendai.
Nagano
Noriko Sakai e Kasumi Nagai, studentesse all’Università di Nagano, sono state le ambasciatrici di questo miele dal profumo fruttato e di cera e dall’aroma anch’esso fruttato, con una forte sfumatura di thè alla pesca che potrebbe facilmente evocare il miele di ailanto (pianta per l’appunto di origine cinese-giapponese). L’Università ha una Facoltà di Turismo e Studi Ambientali che prevede corsi di strategie ambientali, gestione dell’ambiente (anche dal punto di vista organizzativo e normativo), educazione ambientale, rigenerazione delle risorse naturali, cultura del cibo e dell’ambiente, storia sociale delle foreste e dell’acqua, ecoturismo, e prevede attività all’aperto. Insieme agli studenti del liceo di agricoltura “Fujimi”, sono stati realizzati degli alveari di tipo tradizionale, ricavati da sezioni di tronchi d’albero, che sono poi stati collocati nel bosco dell’Università di Nagano e popolati di api. Il modo di gestire gli alveari è stato appreso da esperti in apicultura tradizionale che operavano nella Prefettura di Nagano. Gli studenti hanno dunque prelevato i favi dalle arnie rustiche, e hanno pressato e filtrato il miele, che infatti presenta un forte odore di cera. Considerano una loro missione creare interesse internazionale nei confronti dell’apicoltura tradizionale in Giappone, che considerano più rispettosa rispetto alle api, contrastarne il declino, riattingere a un’antica arte che esisteva prima dell’arrivo della tecnica apistica straniera.
Nel progetto vengono utilizzate sia api europee (che vengono smielate una volta ogni due settimane), sia api giapponesi (che vengono smielate ogni quattro settimane) e danno origine a due diverse linee di miele.