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Le origini della colza (Brassica napus oleifera della famiglia delle crucifere)  sono incerte (ma probabilmente è originaria dell’ Europa temperata); oggi è coltivata soprattutto in Cina, India, Canada ed Europa Centrale. In tempi antichi, intorno al 1200, nei paesi del Nord Europa si usava l’olio di colza per alimentare gli impianti di illuminazione pubblica.
In Italia è presente ovunque, ma soprattutto al centro-nord, e la superficie di volta in volta coltivata varia in funzione delle politiche comunitarie.
E’ coltivata come foraggera da erbaio e per la produzione di granella: il seme contiene in media il 45% di olio, che contiene sempre dal 4 al 10 % di acido linoleico, uno degli acidi grassi essenziali che appartiene al gruppo degli Omega 6. Nelle vecchie varietà conteneva fino al 50% di acido erucico, poco stabile e probabilmente tossico.
La legge impone in effetti che nell’olio di semi vari e nelle margarine non sia presente una quantità maggiore al 5% di acido erucico. La possibilità di usarlo, sia pure in piccola percentuale, ha una giustificazione di carattere economico: l’olio di colza costa poco e il suo uso è molto diffuso negli oli e grassi utilizzati dalle industrie alimentari.  Oggi sono disponibili varietà prive di acido erucico: l’olio alimentare deve avere questa caratteristica, mentre al contrario, per l’industria non alimentare, è richiesto alto contenuto di acido erucico.
In Italia l’olio di colza viene prodotto soprattutto a scopo industriale, come ingrediente per la produzione di biodiesel. Il biodiesel prodotto in Europa proviene per tre quarti da colza e per un quinto da girasole.
La mattonella formata per compressione dei residui solidi della spremitura dei semi oleosi, detta panello, viene usata per l’alimentazione di animali Nell’Italia settentrionale la semina viene fatta in settembre; al Sud fino a novembre. Per resistere al freddo invernale le piantine dovrebbero trovarsi con almeno 6-8 foglie e avere un fittone lungo circa 7-9 cm.
Simile alla colza, il ravizzone (brassica campestris oleifera), coltivato soprattutto nella Pianura Padana come erbaio e per la produzione di olio.
La fioritura primaverile inizia ad aprile e po’ durare per tutto maggio.
Il miele di colza, molto diffuso in altri paesi europei, in Italia è piuttosto raro.
La colza è particolarmente ricca di polline, quindi di proteine, e quindi, dal punto di vista delle api, ideale per l’allevamento di nuova covata. Questa caratteristica, che stimola lo sviluppo degli alveari a primavera, è probabilmente la causa delle facili e incontrollabili sciamature, difficilmente paragonabili all’effetto di qualsiasi altro raccolto. Per questo la colza viene usata più per riproduzione delle famiglie d’api che non per la produzione di miele. Anche il fatto che il miele di colza cristallizzi molto velocemente, a volte già nel favo, e venga prodotto con un livello alto di umidità lo rende un miele non facile da gestire. In compenso, la sua tendenza a cristallizzare formando cristalli finissimi lo rende adatto a “inseminare” (con piccolissime quantità) altri mieli per orientarne la cristallizzazione verso un miele cremoso.
 

Caratteristiche organolettiche: colore ambra chiaro quando è liquido, beige con tonalità grige quando è cristallizzato, odore e aroma di media intensità, leggermente acido, persistente in bocca, a volta con retrogusto;  cristallizza rapidamente e finemente in una massa pastosa
Alcune parole o espressioni usate per descrivere l’odore: sulfureo, di cavolo cotto, di crosta di formaggio fermentato, di cipolla cotta, di crauti, vegetale, di verza, di rapa, di paglia fermentata, di gorgonzola, di brie
Alcune parole o espressioni usate per descrivere il gusto/aroma: le stesse usate per l’odore ma in un insieme più gradevole
Per il suo sapore “vegetale”, il miele di colza può dare un tocco sorprendente a preparazioni di cucina salate.

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